Questo pomeriggio il Presidente Rossi ha illustrato nelle Commissioni Lavoro di Camera e Senato la posizione della regione sulle ultime bozze di decreti legislativi sul Job Act.
Di seguito la scheda che è stata consegnata sui servizi per il lavoro
PRIMI RILIEVI SULLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO N.177 “DISPOSIZIONI PER IL RIORDINO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI SERVIZI PER IL LAVORO E DI POLITICHE ATTIVE”ai sensi dell’art 1 comma 3 della Legge 183/2014
Le Regioni faranno pervenire un documento in sede di Conferenza Stato-Regioni che verrà definito Giovedì 9 luglio alle ore 18,00 in occasione della riunione della IX Commissione.
Le Regioni, da tempo hanno delineato una loro proposta di Riorganizzazione dei servizi per il lavoro con l’ipotesi di un Servizio Nazionale per il Lavoro, che superi la frammentazione oggi esistente valorizzando nel pieno rispetto della Costituzione vigente, il ruolo delle Regioni nella erogazione del servizio.
Di tale impostazione è stato dato conto anche in varie audizioni alle Commissioni parlamentari.
Va evidenziato che il Decreto Legislativo con la previsione di una rete nazionale dei servizi per il lavoro, articolata su un’Agenzia nazionale e su strutture regionali, sembra recepire, in linea generale, l’organizzazione espressa dalla Conferenza delle Regioni, poiché può essere preservata in capo alle stesse la programmazione e la gestione dei servizi e delle politiche attive.
Appaiono evidenti alcuni problemi molto rilevanti che rischiano di allontanare la attivazione della Rete Nazionale ed il proficuo funzionamento dei servizi per il lavoro:
▪ in primo luogo, l’indeterminatezza del percorso che sembra essere transitorio e non a regime;
▪ in secondo luogo, la pesante inadeguatezza delle risorse che vengono messe a disposizione del riordino dei servizi. Sostanzialmente viene scaricato sulle Regioni l’onere del finanziamento dei servizi, onere che fino ad oggi era nella disponibilità dei bilanci delle Province, senza alcun trasferimento di tali risorse alle Regioni.
Peraltro, i nuovi oneri per le Regioni si assommerebbero a quanto già oggi esse garantiscono per il funzionamento dei servizi per il personale non a tempo indeterminato.
Si ricorda che il personale dei Servizi per il Lavoro a differenza di quanto è avvenuto per le altre funzioni oggetto del riordino delle Province non è mai passato dai Bilanci né dai Ruoli Regionali;
▪ in terzo luogo il decreto, pur sottolineando che le Regioni “costituiscono” i nuovi Centri per l’Impiego, e caricando su di loro i principali oneri finanziari, non trasferisce il personale dalle Province alle Regioni, determinando tra l’altro anche un problema di incertezza nella stessa gestione del personale, oltre che di illogicità del progetto legislativo.
Vi sono quindi chiare esigenze di modifica del testo del Decreto Legislativo garantendo adeguate risorse ed il trasferimento del personale.
Le bozze di decreto, infatti, non chiariscono né la consistenza né la destinazione delle risorse disponibili per finanziare il sistema.
Su tale aspetto, non appare certamente risolutiva la disposizione contenuta nell’art. 15 del DL 78/2015 in materia di enti locali, che prevede una soluzione transitoria per il 2015 e il 2016, attraverso la stipula di un Accordo in Conferenza Unificata e, a cascata, di convenzioni bilaterali tra il Ministero del Lavoro e le Regioni, per il rafforzamento dei servizi per il lavoro. Tale articolo prevede l’utilizzo coordinato di risorse nazionali (70 milioni di euro annui provenienti dal Fondo di Rotazione, assegnati in misura proporzionale al numero dei lavoratori a tempo indeterminato impiegati nei servizi per il lavoro), regionali e di risorse dei programmi operativi FSE regionali e nazionali.
Le Regioni hanno già espresso forti riserve sulla manovra, legate in primo luogo all’insufficienza delle risorse disponibili dal livello nazionale, che basterebbero a coprire solo un terzo dell’effettivo fabbisogno finanziario. D’altro canto, non risultano disponibili fondi di bilancio regionale, alla luce dei cospicui tagli effettuati dalla legge di stabilità, né, per contro, la limitata disponibilità di risorse dei POR FSE (che da tempo concorrono al rafforzamento dei servizi per il lavoro) può essere considerata risolutiva.
Ad ogni modo, resta ferma la necessità che l’eventuale ricorso a fondi comunitari sia definito e esplicitato in modo da assicurare la coerenza e il rispetto delle regole di utilizzo dei fondi medesimi.
D’altro canto va definito il destino dei servizi nel sistema a regime, soprattutto dal punto di vista finanziario. Infine va rilevato che la costituenda Agenzia Nazionale per l’Occupazione dovrebbe essere finanziata da stanziamenti previsti dalla normativa previgente, tra cui alcuni destinati al finanziamento di azioni per la formazione professionale di competenza delle Regioni (IeFP, Apprendistato, formazione continua) ma non si prevede alcun canale di finanziamento ordinario attraverso la fiscalità generale dei LEP in materia di lavoro.
Parallelamente, non appare possibile radicare un sistema di erogazione dei LEP al cittadino senza garantire, da un lato, il mantenimento delle necessarie risorse professionali e delle specifiche competenze maturate (a partire dal personale a tempo indeterminato, di provenienza provinciale, preposto ai servizi per l’impiego e coinvolto nel processo di riordino delle Province indotto dalla legge Delrio) e, dall’altro lato, il potenziamento di tali professionalità, in linea con gli altri Paesi europei, tanto più alla luce dell’esigibilità dei LEP stessi come diritti da garantire ai cittadini.
Vi sono poi anche problemi dal punto di legittimità costituzionale delle norme.
Va sottolineata, infatti, la mancanza di conformità tra alcune disposizioni e il quadro vigente delle competenze costituzionali, nonché con il perimetro delineato dai criteri direttivi della stessa legge delega. Profili di incostituzionalità sono infatti presenti in alcuni articoli del decreto, tra cui la definizione di un sistema nazionale di accreditamento sia sul versante dei servizi per il lavoro (all’art. 12) che, ancor di più, sul versante della formazione professionale (all’art.15), essendo tali ambiti (a Costituzione vigente) rientranti nell’ambito della potestà legislativa concorrente o addirittura di competenza esclusiva delle Regioni. Rispetto alle finalità contenute nella legge delega, il testo proposto introduce una serie di disposizioni di dettaglio che vanno ad impattare sulle funzioni regolatorie, organizzative e gestionali del mercato del lavoro svolte dalle Regioni nel quadro costituzionale vigente, per ricondurle in modo palese al livello centrale. Ciò peraltro è confermato dalla stessa Relazione tecnico-normativa che accompagna lo schema di decreto, che riconosce aspetti di interferenza con le competenze e funzioni delle regioni in materia di servizi per il lavoro e politiche attive del lavoro. Si palesa, così un’azione di riaccentramento prima di aver modificato il titolo V della Costituzione che ha costretto il governo ad adottare delle formulazioni di salvaguardia.
A tal proposito, si ritiene che la condivisione degli interventi e le modalità per il conseguimento di obiettivi comuni possa essere realizzata tramite l’espressione di un’intesa forte, ai sensi della legge 131/2003, articolo 8, comma 6, in Conferenza Stato – Regioni.
In conclusione, pur muovendosi in una linea condivisibile, il Decreto legislativo abbisogna di significative modifiche affinchè possa essere davvero efficace e possa rappresentare un passo in avanti nelle risposte ai problemi del lavoro nel nostro Paese.
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