PROPOSTA DI RIFORMA DEI SERVIZI PER L’IMPIEGO PUBBLICI

Negli ultimi mesi una parte autorevole della stampa ha focalizzato la propria attenzione sui Centri per l’Impiego, analizzando (spesso in modo troppo superficiale) le attività che vengono svolte in questi uffici e divulgando dati scoraggianti circa la performance complessiva dei servizi.
L'obiettivo dei Centri per l'Impiego è quello di migliorare l'occupabilità di chi cerca lavoro attraverso azioni e strumenti diversi ed integrati fra loro (informazione, orientamento, bilanci di competenze, formazione, potenziamento delle tecniche di ricerca, incontro domanda offerta, etc) dal momento che i Centri per l'Impiego non creano occupazione e che le offerte provengono dal sistema delle imprese private soggette al mercato.
L'incrocio domanda/offerta, si realizza attraverso un data base: se arrivano offerte di lavoro da parte di aziende private, in base al profilo richiesto, viene fatta una preselezione fra le persone che hanno sostenuto il colloquio di orientamento e vengono inviati all'azienda i profili professionali dei candidati per la selezione vera e propria.
Inoltre, bisogna ricordare che una percentuale significativa delle persone che si iscrivono ai Centri per l'Impiego lo fanno solo per poter ottenere benefici e non per la ricerca immediata del lavoro: indennità di disoccupazione, esenzione del ticket, agevolazioni comunali, graduatorie per case popolari, iscrizioni asilo nido, rinnovo permesso soggiorno, etc.
Quindi, quando vengono fatte le statistiche, bisognerebbe togliere dalla base di calcolo del numero di Disoccupati una consistente quota che ne altera al ribasso il risultato.
In ogni caso, oggettivamente, non è possibile misurare la qualità di un servizio solo sulla base di un dato quantitativo riferibile all'incontro domanda offerta, dato che si tratta solo di uno degli strumenti che vengono attivati e dato che molte persone, trovano lavoro dopo percorsi formativi, di tirocinio o di potenziamento delle competenze personali avviati attraverso le attività messe in atto dai Centri per l'Impiego e che sfuggono ai dati delle statistiche.
L'orientamento al lavoro, infatti, viene definito dalla letteratura specialistica, non a caso, un "percorso di sviluppo dell'autonomia personale".
Come si potrà evincere dai dati dell'indagine Excelsior Unioncamere sul comportamento delle aziende in fase di ricerca di personale, le imprese spesso si attivano in maniera informale (conoscenza diretta 51%, banche dati interne 25%, conoscenti e fornitori 10%, stampa 2%, Centri Impiego 3%, Agenzie di somministrazione 3%, Ass. categoria e Internet 3%, Altro 3%).
Questi dati derivano prevalentemente dalla struttura del mercato del lavoro (costellazione di piccole e medie imprese), da un elevato numero di lavoro nero/sommerso (27% stimato), dalla presenza di zone industriali/artigianali in ogni Comune (si conoscono tutti...), da una bassa cultura e propensione alla valutazione delle competenze nella scelta dei propri collaboratori e dalla non conoscenza (o bassa percezione) dei servizi pubblici per l'impiego sul territorio, otre che dal timore di controlli sulle assunzioni.
Il tutto sommato alle rilevanti variabili evidenziate nelle ultime indagini fatte sui SPI: nel 2007, in Germania il personale dei Cpi pubblici ammontava a 74mila dipendenti (oggi circa 100000); in Gran Bretagna 67mila unità; in Italia meno di 10mila (attualmente si stima intorno a 8000 di cui almeno sicuramente 1200 precari). Nel 2011 l’Italia ha speso per i servizi pubblici per il lavoro circa 500 milioni di euro contro i 5,8 miliardi spesi dalla Francia, gli 8,8 miliardi della Germania, i 5,5 miliardi del Regno Unito e gli 1,3 miliardi spesi dalla Spagna. Le spese per politiche del lavoro sul Pil in Germania erano il 0,34%, in Gran Bretagna lo 0,34%, in Italia l'0,03%. I rapporto operatori disoccupati in Germania è 1 su 48, in Gran Bretagna 1 su 24, in Italia ben 1 su 150 (nelle grandi città italiane siamo a circa 1 a 500. Tradotto significa che gli operatori dei CPI in Italia hanno in carico pro capite un numero molto maggiore di persone a fronte di minori strumenti, risorse e progetti di inserimento finanziati.
Pur in tale contesto, non vanno tuttavia taciuti alcuni elementi di criticità per quanto riguarda l’assistenza nelle strategie di reclutamento aziendale:
  1. Nella maggioranza dei casi la modalità di raccolta della domanda di lavoro (impresa) presuppone che sia l’impresa a manifestarsi presso il Centro per l’Impiego
  2. la maggior parte degli uffici non dispongono degli strumenti per la gestione informatizzata della domanda e dell’offerta di lavoro, al fine di supportare i processi di matching
  3. L’organizzazione locale dei servizi per l’impiego ha sviluppato un approccio di natura “generalista”, nel quale si sommano attività diverse, con evidenti limitazioni nella possibilità di dedicare figure professionali specialistiche alle attività di contatto diretto con le imprese fuori dall’ufficio o di poter destinare quantità di tempo adeguato nell’attività di definizione ed esplicitazione dei fabbisogni professionali delle aziende stesse.
Se non si dispone di informazioni precise sulla domanda di lavoro risulta praticamente impossibile realizzare efficacemente tanto l’attività di intermediazione, quanto quella di orientamento. Dunque, senza un investimento nei servizi alle imprese, tema completamente assente nella riforma Fornero, non è possibile conoscere quali siano le aziende che necessitano di manodopera con profili coerenti con quelli degli utenti in cerca di lavoro.

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