Nei centri per l’impiego quasi 10mila dipendenti per una spesa di 464 milioni. Ogni anno gli occupati sono appena 35mila |
Sul corriere della sera del 23 novembre (vedi link sopra) è riportato l'ennesimo articolo giornalistico che parla negativamente dei centri per l'impiego, citando, più di altri articoli, cifre e dati per avallare il giudizio negativo su questi servizi. Dati usati strumentalmente per propagandare e dimostrare una posizione preconcetta e capziosa del servizio pubblico in generale, piuttosto che strumenti utili alla descrizione e comprensione di un fenomeno.
Secondo il giornalista, Sergio Rizzo autore dell'articolo:
1 -I dipendenti che lavorano in questi servizi sono all'inizio del testo 9865 e successivamente 8781 per i quali il “Tesoro” spenderebbe tre quarti di 464 milioni di euro il che significa 35 mila euro a dipendete l'anno, cifra ben superiore di almeno 15 mila euro allo stipendio medio di un dipendente che lavora nei servizi per il lavoro.
2 – I dati sulla percentuale del PIL spesi dall'Italia, confrontati con i dati di spesa di altri paesi europei, non aiutano a far chiarezza sull'adeguatezza o meno delle cifre investite. Se i risultati sono legati agli investimenti profusi, allora si comprende perché i servizi per l'impiego italiani siano in difficoltà, visto che investiamo una percentuale del nostro PIL fino ad un decimo o un ottavo meno di ciò che investono altri paesi con un PIL più alto. Oppure, se non c'è relazione tra soldi investiti e risultati non si vede perchè il signor Sergio Rizzo si scandalizzi di quanto il tesoro spenda per tenere in piedi questi servizi.
3 – Il servizio di incrocio domanda-offerta, sul quale esclusivamente si concentra l'articolo, è solo uno dei molteplici servizi offerti a chi cerca lavoro e alle aziende. Vengono sottaciuti, come se rappresentassero una funzione marginale dei compiti dei centri per l'impiego, tutti i servizi per il potenziamento dell'occupabilità dei lavoratori, l'intera gestione amministrativa di tutte le crisi aziendali dalle casse integrazione, le mobilità e i licenziamenti, oltre al collocamento mirato dei disabili, le attività rivolte agli stranieri, la prevenzione del drop out e la gestione dell’obbligo formativo, le azioni di orientamento scolastico e lavorativo, le attività informative e di sostegno alla formazione, di consulenza alle aziende sui bandi di finanziamento e sulle agevolazioni per le assunzioni. In particolare negli ultimi anni le Regioni hanno potuto gestire tramite i CPI e a costo zero le attività informative e l’erogazione delle politiche attive del lavoro nei confronti di decine di migliaia di lavoratori percettori di Ammortizzatori Sociali in Deroga. Se poi, come in alcune province è stato fatto, si incrociassero i dati di chi, beneficiando di un servizio specialistico o di una proposta di riqualificazione professionale del CPI, abbia successivamente trovato lavoro, si noterà che le percentuali relative all’occupazione mediante tali servizi aumenterebbero notevolmente già da ora. Se poi si vogliono citare altri dati: secondo Eurostat i disoccupati per addetto in Germania sarebbero 48, in Gran Bretagna 24, in Italia ben 150!
Si riportano dati sulla capacità di collocamento delle agenzia di somministrazione. Anche in questo caso vengono riportati dati imprecisi, le agenzie per il lavoro incrociano la stessa percentuale del servizio pubblico, cioè il 3%. Ciò rinnova l'impressione che l'articolo sia scritto a pro di qualcuno e a scapito di altri.
4 – L'articolo si avvale della testimonianza e dei dati forniti dal presidente della Confartigianato. Una fonte quanto meno poco oggettiva. La Confartigianato, insieme ad altre associazioni datoriali e dei lavoratori, rappresenta quel privato che l'autore dell'articolo sembra invocare implicitamente quale soggetto capace di aver successo la dove il pubblico sembra, a sua detta, aver fallito. La Confartigianato, insieme agli altri sopra citati, è già a pieno titolo un cogestore dei servizi forniti dai centri per l'impiego. Se una colpa è da attribuire al pubblico è lo scarso controllo sulla qualità dei servizi dati in appalto ai privati. Un ridimensionamento del servizio pubblico è funzionale agli appetiti di molte agenzie che mirano a gestire fette sempre più ampie di questi servizi.
5 – Nell'articolo viene messo in risalto la scarsa fiducia che le aziende hanno nell'avvalersi dei sevizi pubblici per la ricerca di personale, mettendo altresì in evidenza, come il passa parola o la presentazione siano il canale maggiormente utilizzato per trovare personale. Di nuovo, si ripresentano, come in tutto l'articolo, contraddizioni e paralogismi. Attribuire ai servizi pubblici per il lavoro con scarse risorse e mezzi il compito di governare il mercato del lavoro modificando prassi, atteggiamenti e una cultura che si affida quasi totalmente alla relazione personale per cercare un impiego, significa misconoscere quale sia stata la politica che per decenni si è perpetrata nei confronti di questi servizi.
Da decenni è stata tolta ai servizi pubblici per il lavoro, attraverso una metodica destrutturazione e un impoverimento anche materiale, la capacità e la funzione di governare e regolamentare il mercato del lavoro. Funzioni che sono state distribuite ad una molteplicità di enti che con il lavoro hanno poco a che fare. Mancando, così, una regia unica e pubblica su scala nazionale risulta impossibile regolamentare e tutelare il lavoro e il lavoratore.
Nell'articolo viene citata l'opinione del presidente della Confartigianato, Giorgio Merletti, che vorrebbe che il governo destinasse i soldi provenienti dall'Europa per la “Garanzia per i Giovani” alle aziende che offrono tirocini a questi giovani. Francamente, avremmo preferito che parlasse delle stabilizzazioni dopo i tirocini da parte di quelle aziende che invece si avvalgono di contratti sempre più precarizzanti.
Precarizzazione che, purtroppo, si riscontra anche in questi servizi visto che circa il 40% dei lavoratori dei centri per l'impiego è precario e non può essere assunto a tempo indeterminato, pur avendo superato concorsi pubblici, a causa del blocco totale del turn over ribadito anche nella DL 101/2013 dal quale i precari dei CPI sono esclusi. Ciò denota una volta di più la scarsa importanza , in questi ultimi anni, è stata attribuita a dei servizi che in realtà sarebbero stati da potenziare per supportate i lavoratori in questo momento di crisi.
Coordinamento Precari in Provincia
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