Il caos dei centri per l’impiego bloccati tra province e regione

Licenziamenti e incertezza sul futuro si uniscono a tanta burocrazia che rallenta la macchina pubblica: l'allarme

L’annosa situazione di difficoltà in cui sono bloccati – tra ritardi e conflitti di competenze e funzioni – i centri per l’impiego della regione Marche torna al centro della protesta dei dipendenti e precari. Il personale occupato nei CIOF di Pesaro, Fano, Senigallia, Macerata e Fermo ha sottoscritto infatti un documento dove vengono elencate tutte le problematiche che da tempo ormai si protraggono: su tutte la scure di altri licenziamenti e la mancanza di una prospettiva per il futuro.
Tutto il personale, ormai ridotto all’osso, quotidianamente continua a garantire la tenuta dei servizi in un quadro di estrema incertezza senza alcun segnale rassicurante. Nonostante impegni di governo e regioni, gli uffici dei centri per l’impiego sono sempre più depotenziati, con passaggi burocratici rallentati e dipendenti in agitazione che non sanno che fine faranno“. Con la conseguenza di essere poco utili all’utente che cerca di reinserirsi nel mondo del lavoro e di svolgere solo funzioni burocratiche.
Agitazione dovuta anche a una riforma Delrio di fatto bloccata: il personale dipende istituzionalmente dalla Provincia, ma funzionalmente dalla Regione che decide e gestisce incarichi e personale, allontanando così questi ultimi da ogni aspetto decisionale sia per quanto riguarda l’analisi dei servizi e delle esigenze degli utenti, sia la programmazione delle attività.
I servizi si stanno – si legge in una nota stampa – svuotando in termini di qualità e di valore aggiunto mentre sono esponenzialmente aumentate le procedure burocratiche con la conseguenza che le potenzialità, professionali e di esperienza, vengono quotidianamente sprecate“.
Se da un lato alcune cose possono essere risolte magari con il completo spostamento del personale dalle Province alla Regione Marche, altre problematiche richiedono invece un intervento più complesso e di lungo raggio, come la “definizione di un modello organizzativo chiaro e strutturato con la previsione di un organismo di coordinamento intermedio di area vasta“, a cui si aggiunge la necessaria stabilizzazione dei precari rimasti e il passaggio a full time del personale. Il rischio è quello, oltre alla possibilità di non vedersi rinnovati i contratti, che venga disperso il potenziale umano e professionale ormai acquisito, primo passo per “un’efficace erogazione dei livelli essenziali di prestazione” tuttora da definire.

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