Inchiesta. I “sospesi” del lavoro, viaggio tra precarie e precari dei Centri per l’impiego

di Francesco Lauria
PISTOIA - Il “cuore” di Pistoia è affollatissimo mentre incontriamo Biancangela Fabbri, “precaria” del Centro per l’impiego di Pistoia.
E’ giorno di mercato e il flusso di pistoiesi e turisti che presidiano le bancarelle forse più delle spiagge della Versilia è quasi travolgente.
L'intervistata è in ferie, ma non ha voluto lasciarsi sfuggire l’occasione di raccontare la sua storia, il suo lavoro, la sua condizione di disagio. Ci sediamo a un caffè. Non abbiamo nemmeno il tempo di ordinare, perché lei è un fiume in piena. Cominciamo ad andare più a fondo rispetto all’etichetta di precaria.
Intanto scopro che ha due lauree.
Sono una dei circa 40 precari del sistema dei Centri per l’impiego del Pistoiese – spiega - anche se sono entrata in organico, dopo anni di collaborazione, nel 2008, tramite regolare concorso”.
La rete provinciale (sempre si possa usare ancora questa parola, ormai quasi proibita) vede due grandi Centri per l’impiego a Pistoia e a Monsummano Terme, altri più piccoli a Quarrata e Pescia e un presidio territoriale a Campo Tizzoro che serve l’area della montagna.
Sono consulente della rete Eures – spiega Fabbri - la rete europea dei servizi all’impiego che si occupa di favorire la mobilità internazionale circolare; responsabile di questo ufficio per l’area di Pistoia. E’ un servizio specialistico che ha nella nostra provincia un punto di eccellenza poiché fornisce la possibilità di svolgere esperienze di tirocinio e inserimento lavorativo all’estero, in particolare per i giovani, con una prospettiva temporale definita, anche per evitare il fenomeno della “fuga dei cervelli”.
Chiediamo di fare un esempio concreto.
Un esempio – mi racconta la mia interlocutrice - è il contatto diretto che, a Pistoia, abbiamo instaurato con ospedali e case di cura irlandesi, anche con il contributo dei servizi per l’impiego dell’isola. Non ci sono intermediazione e seguiamo i nostri 'inserimenti' per tutto: dall’alloggio, al viaggio, al perfezionamento della lingua”.
La rete Eures è composta da oltre mille professionisti in tutta l’Unione Europea ed è un pezzo di modello sociale europeo concreto che ha resistito, in questi anni, ai tagli e alle politiche di austerità.
Affrontiamo la questione più generale e spinosa: l’eterna incompiuta riforma dei servizi al lavoro (in Toscana, come in tutto il territorio nazionale) e il paradosso che, anche per l’utilizzo delle risorse del Fondo sociale europeo, la parte fondamentale del servizio in Italia sia gestita da precari, siano essi collaboratori o lavoratori a termine. Come molte sue colleghe (le donne sono in maggioranza nei Cpi) Biancangela Fabbri è entrata nel sistema dei servizi per l’impiego a Pistoia nei primi anni duemila, subito dopo la riforma toscana del settore. Giovani professionisti e professioniste che hanno contribuito, pur tra mille difficoltà e incongruenze, a trasformare i vecchi uffici di collocamento, quelli del timbro e delle liste alla Checco Zalone, in strumenti, imperfetti, certo, ma utili a fornire informazioni e opportunità lavorative in uno dei mercati del lavoro meno trasparenti d’Europa. Nel 2008 a Pistoia si compie la scelta di non appaltare “pezzi” di servizi all’esterno e di inserire i collaboratori, tramite concorso, nell’organico dei Centri.
Il contratto è di sette anni. Un tempo che si presumeva sufficiente per una graduale e progressiva stabilizzazione anche a fronte del blocco del turn – over e del pensionamento di molti colleghi “stabili”.
Abbiamo trasformato il vecchio collocamento, accumulato contatti, relazioni, esperienza – si infervora la Fabbri - mantenuto un presidio pubblico, anche nella crisi, che non può essere sostituito tout court dal privato, con cui è bene collaborare, ma che ha una mission diversa”.
Nel frattempo si assiste allo tsunami che si abbatte, progressivo, sulle Province e non risparmia i Centri per l’impiego. Le Province, in attesa del referendum, perdono una buona parte delle competenze. La formazione professionale passa tout court alla Regione Toscana, mentre i Cpi rimangono in mezzo al guado. Nel frattempo i contratti precari, nell’autunno del 2015 arrivano alla scadenza.
In un batti e ribatti paradossale i precari dei servizi al lavoro si trovano “sospesi” tra tre fuochi: la riforma nazionale delle politiche attive, la riforma regionale che attende la precedente e una Provincia di Pistoia, in grande difficoltà finanziaria, che li ha ancora in organico (anche se pagati dalla Regione) e non vede l’ora di perderli, se non altro per avere un problema, dei tanti, in meno.
Alla fine, trovate le risorse per la proroga dei nostri contatti - racconta Fabbri – ci siamo trovati di fronte al problema assurdo che non era chiaro chi, tra Provincia e Regione, dovesse firmarli. Io e le tante mie colleghe stiamo cercando con difficoltà di farci capire. E’ chiaro che siamo interessate in primis al nostro posto di lavoro (in scadenza a dicembre 2016), ma non è solo questo il punto”.
Sono i servizi, i presidi territoriali ad essere messi a rischio.
Come si fa a progettare innovazioni in questo stato di incertezza permanente? - chiede Fabbri - I database dei servizi per l’impiego fanno gola a molti. Siamo sotto attacco giornalistico come enti inutili, ma anche le migliori esperienze europee ci mostrano che occorra un forte presidio pubblico per la governance delle politiche per il lavoro”.
E’ difficile darle torto. Il mercato del lavoro in Italia non potrà mai funzionare davvero se non si deciderà di investire davvero nell’accompagnare le persone da un lavoro all’altro, senza svilire professionalità e competenze. Ma l’eterna riforma che attendiamo da vent’anni è ancora incompiuta. (Continua)

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