Lettera di saluto di un collega che ha deciso di cambiare lavoro e lasciare così i Centri per L'Impiego della Provincia di Firenze


Qualche riga per salutarvi, sapendo fin da adesso di aver dimenticato qualcuno, confesso che nonostante il tempo trascorso ci sono dei volti a cui ancora non so dare un nome.
Auspico che coloro che riceveranno queste righe vorranno estendere il mio saluto anche agli altri.
Quindi, il momento contraddittoriamente voluto, negli ultimi anni, e nel contempo anche temuto è arrivato. Lascio questo lavoro per un altro, lo lascio consapevolmente e senza indecisione alcuna, ma sarebbe stupido dire che sono soddisfatto nel senso pieno del termine; professionalmente mi sento sconfitto e più di uno sono i motivi di rammarico rispetto ai molti anni di pratiche professionali che non hanno raggiunto i fini e gli scopi desiderati e sperati. Ho sempre pensato che il bello di questo lavoro fosse nell'evidente contenuto di utilità sociale, nelle sua funzione di aiuto effettivo per quelle persone, che spesso insieme alle pesanti difficoltà economiche derivanti dalla perdita del lavoro devono fronteggiare, spesso da soli, lo smarrimento di identità sociale e di senso inclusivo che il lavoro attribuisce, nonostante tutto, a chi ce l'ha.
Un lavoro che vorrebbe meno timbri e più progetti veri, meno procedure notarili e più opportunità concrete, che pretende conoscenza dei territori, dei suoi attori, dei limiti e delle potenzialità di individui e comunità. Un lavoro dove è fondamentale capire per fare, fare senza capire non serve: è solo inutile. Solo così si può essere davvero dei "facilitatori", non in modo riduttivo e inefficace ma costruttivo e utile. Questa, per sommi capi, era ed è la visione mia di questo lavoro, che oggi lascio arrendendomi a quella perdita di senso che talvolta colpisce anche coloro che il lavoro, come me, ce l'hanno.
Va da sé che la ferita più grande siete voi, qualcuno più di altri, e questo sta nelle dinamiche naturali e umane di questa ordinaria follia che è la vita, ma voi tutti, lo so già, mi mancherete...mi mancherete molto.
Per questo volgo un saluto di sconfinato affetto ai colleghi dell'ufficio, li ringrazio per aver sopportato per anni il mio umore ballerino, la mia tendenza alla critica a volte gratuita o eccessiva e tutti gli altri difetti che vorranno attribuirmi. Con la stessa enfasi e lo stesso affetto saluto tutti i colleghi della prima ora con cui ho condiviso fin dall'esordio le aspettative, gli entusiasmi (non molti invero), la visione di miglioramento sociale che pareva recare con se la riforma dei servizi per l'impiego e infine le amarezze della disillusione. Un saluto speciale lo rivolgo ai precari che lavorano nei C.P.I. La stima e l'affetto si intrecciano in questo caso all'adesione incondizionata per la giusta rivendicazione di un lavoro stabile e duraturo. Posso garantire fin d'ora il mio sostegno pieno e fattivo alle battaglie che ci aspettano

Un abbraccio grande e un arrivederci a presto

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