Politiche attive, 200 milioni bastano per rilanciare l'Italia?

L'assegno di ricollocazione è la misura principe della seconda gamba del Jobs act, ma dopo mesi siamo ancora ai "nastri di partenza". L'Italia paga anni di ritardo nelle politiche di sostegno all'occupazione: ecco i dati del gap contro Francia e Germania


MILANO Anche la legge di Stabiltà per il 2018 insiste sul ruolo che le politiche attive del lavoro devono svolgere per il rilancio occupazionale in Italia. Sulla scia di quanto sostenuto a partire dal Jobs act, la Manovra prevede all'articolo 20 del testo ora al Senato un allargamento delle maglie dell'Assegno di ricollocazione. Si tratta di quel contributo economico ai servizi per il lavoro che offrono un'opportunità di impiego ad un disoccupato che sia almeno da quattro mesi percettore di Naspi, la nuova indennità di disoccupazione.
La novità riguarda i lavoratori interessati da ristrutturazioni aziendali e in cassa integrazione straordinaria. L'anno prossimo, a seguito di un accordo sindacale, potranno scegliere di tentare di ricollocarsi già durante la fase di Cassa. Spiega la relazione illustrativa alla manovra che il lavoratore interessato alla riduzione dell'orario di lavoro può richiedere individualmente all'Anpal l'assegno da spendere presso i centri per l'impiego o i servizi privati. La sua ricerca attiva sarà incentivata attraverso: la corresponsione del 50% di Cigs non goduta; l'esenzione dal reddito imponibile delle somme corrisposte dal datore di lavoro uscente al lavoratore per la risoluzione del rapporto (quando cioè il lavoratore si sarà ricollocato). E' una sorta di incentivo all'esito fiscalmente agevolato, fino a nove mensilità di stipendio. Il vecchio datore di lavoro è incentivato a spingere il lavoratore alla ricollocazione per risolvere consensualmente il rapporto; il nuovo datore ad assumere perché avrà una risorsa con esonero contributivo al 50%, fino a 4.030 euro, per un anno o un anno e mezzo a seconda che assuma a tempo o stabilmente. Dalla relazone tecnica del provvedimento si evince che la platea interessata potrebbe essere di 64mila persone, ma che la stima realistica di assunzioni attraverso il ricollocamento è di 5.440, di cui 1.600 a tempo indeterminato (sarebbe il doppio di quelle registrate da Cigs nel corso del 2016). A regime, si ipotizzano effetti finanziari negativi per circa 7 milioni l'anno: i costi per l'incentivazione (una novantina di milioni) sono in gran parte appianati dalle maggiori entrate contributive legate al raddoppio del contributo chiesto alle imprese sui licenziamenti collettivi.
La novità va dunque nella direzione più volte auspicata in sede europea. Ma fino a questo momento, quanto ha veramente scommesso l'Italia sulle tanto citate politiche attive? E in prospettiva, quanto è pronta a scommetterci?
La questione è stata affrontata in un dossier dell'Osservatorio statistico dei Consulenti del Lavoro, che fotografa un Paese che si è affidato alle vecchie ricette dei sussidi durante gli anni della crisi, a differenza di quanto hanno fatto i grandi competitor europei.


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