Centri per l’Impiego: modello Tedesco, perché funziona?

La prima settimana di Giugno, dal 3 al 6, ho partecipato a Berlino al Progetto patrocinato dal Comune di Firenze e dalla Fondazione di Firenze per l’Artigianato Artistico dal titolo “Avant Crafts – Buone pratiche nell’artigianato artistico”.
Scopo di tale progetto è di riunire ad uno stesso tavolo i rappresentanti di varie associazioni pubbliche e private che si occupano di artigianato in alcuni Stati europei (nello specifico Germania, Francia, Regno Unito, Bulgaria, Ungheria e Italia) per confrontarsi sulle esperienze dei singoli Paesi in ambito di artigianato artistico a 360 gradi (formazione, ricaduta occupazionale, start-up ed altro) e produrre un documento finale comune che possa indicare, appunto, le buone pratiche da seguire per incrementare tale settore, molto importante per tutti i partners europei coinvolti.
All’interno di tale meeting, su mia richiesta, ho avuto la possibilità di visitare il Jobcenter di Strausberg  (periferia di Berlino) e di “intervistare” i direttori delle due Agenzie per il lavoro pubbliche locali; di seguito provo a riassumere cosa ho appreso sul funzionamento dei servizi per l’impiego tedeschi.

In Germania esistono due tipologie di Centro per l’impiego: la “Agentur fur Arbeit”, agenzia gestita dal Governo Federale ed il “Jobcenter”, agenzia a partecipazione mista governativa e municipale, tale sistema nasce a seguito della riforma dei servizi per l’impiego del 2004.
Entrambe le strutture si occupano sia di politiche attive che passive (lavoro, formazione ed ammortizzatori economici o sociali), ma cambia il target di utenza; la “Agentur fur Arbeit” ha in carico i percettori di indennità di disoccupazione (in Germania spetta per un anno a chi ha maturato almeno un anno di contribuzione negli ultimi tre) mentre il “Jobcenter” ha in carico i disoccupati non percettori di indennità di disoccupazione e tutte quelle categorie con reddito da lavoro sotto la soglia minima di 400 Euro mensili (lavoratori part-time o con contratto minijob e piccoli imprenditori) a cui viene destinato un contributo solidale e sociale per spese d’affitto, energetiche e sanitarie in base alla zona di residenza ed al nucleo familiare (una famiglia arriva a percepire anche più di 1.000 euro mensili di aiuto).
Gli impiegati di ciascuna agenzia sono circa 600 ogni 250.000 abitanti (600 per l’Agentur + altri 600 per il Jobcenter per 250.000 abitanti, fanno un rapporto di circa 1 dipendente ogni 20 abitanti, in proporzione più del doppio degli operatori dei CPI di tutta la Regione Toscana) sono cifre indicative e relative alla zona di Strausberg (dunque variabili sul territorio nazionale).
Il disoccupato/inoccupato viene preso in carico dai servizi solo ed esclusivamente su appuntamento (da fissare di persona, per telefono o per e-mail/internet); la lista d’attesa è di massimo 10 giorni .
Il primo colloquio dura circa mezz’ora, ogni operatore  vede un massimo di 5/6 persone al giorno che prende in carico per tutta la durata del periodo di disoccupazione; alla fine del primo colloquio viene firmato da parte del cliente (la direttrice del Jobcenter ha parlato, appunto, di “customers”) un vero e proprio contratto (simile al nostro Patto di servizio Integrato) che prevede una serie di obblighi in base alla situazione del singolo caso  (per esempio la ricerca di lavoro attiva con conseguente obbligo di visita alle aziende da farsi certificare dalle aziende stesse, formazione professionale  o altre azioni mirate); in caso di mancato rispetto di tale contratto o di rifiuto di un’offerta di lavoro senza valide giustificazioni, l’operatore può in qualsiasi momento revocare i benefici economici e sociali.
La “Agentur fur Arbeit” ed il “Jobcenter” gestiscono in comune le offerte di lavoro ed il Matching: un gruppo di operatori prende in carico le richieste per gli under 25 anni, un altro gruppo gestisce le richieste di personale per chi ha più di 25 anni.
Il numero di “vacancies” intercettate dai servizi pubblici  per l’impiego (da quello che mi hanno riportato i due dirigenti tedeschi) è di circa 1 su 3 per offerte destinate a chi ha più di 25 anni, il rapporto sale ad 1 su 1 (dunque il 100 %) di “vacancies” per gli under 25 anni, si tratta nella maggior parte dei casi di richieste destinate a personale qualificato.
Non sono previsti servizi di mediazione culturale; l’utente straniero viene immediatamente rinviato ad un corso di lingua tedesca gratuito e solo dopo l’alfabetizzazione linguistica viene preso in carico dai servizi.
Non esistono forme di collocamento mirato per disabili; se il disabile è in grado di lavorare viene preso in carico e trattato come gli altri disoccupati, altrimenti va in carico al sociale.

Il Direttore della “Agentur..” di Strausberg, alle mie domande sui rapporti tra Agenzie di lavoro pubbliche e private, mi risponde che il privato annaspa alquanto in Germania, dovendosi confrontare con un servizio pubblico forte che funziona bene e soprattutto, che il Governo crede ed investe molto nei servizi pubblici e non penserebbe minimamente, almeno ad oggi, di sponsorizzare il privato a discapito del pubblico (riassumendo, i vari politici italiani detrattori dei servizi pubblici per l'Impiego,  in Germania non avrebbero la possibilità di pontificare su inefficienza del pubblico rispetto alla pseudo efficienza del privato). Sono previsti dei voucher ai privati nel momento in cui collocano un disoccupato.

Capirete l’imbarazzo e la frustrazione nel dover esporre il funzionamento dei servizi in Italia; ogni qualvolta davo i numeri del rapporto utenti/operatori, scattava subito la domanda “…e come fate a funzionare?...”
Logicamente, anche in Germania hanno i loro problemi; se a Berlino “città” il tasso di disoccupazione è del 4/5 % basta spostarsi verso la periferia est perché tale tasso schizzi al 12/13 %, fino a superare il 20% in alcune realtà industriali del sud del Paese.
Inoltre, esistendo uno stato sociale molto forte e vantaggioso, c’è la tendenza da parte di molti tedeschi a cercare il lavoro sommerso (ebbene si, anche in Germania il lavoro in nero è molto diffuso) per poter usufruire anche degli aiuti sociali.
Problematiche del tutto relative, specialmente, se confrontate con il lavoro quotidiano degli operatori italiani.

Spero che questo resoconto (scritto di getto) della mia esperienza berlinese vi sia gradito.

A cura di Alfonso Figliuzzi
Operatore precario e frustrato di un Centro per l’Impiego italiano

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